quinta-feira, 21 de março de 2013

cronaca di un giovedì in un ospedale pubblico a Brasilia

Giovedì scorso mi sono sentita un po' male, niente di grave (lo dico subito si trattava di un' infezione gastro-intestinale contratta a causa del clima secco e della mia scarsa ingestione di acqua) ma, lì per lì, mi sono preoccupata e ho pensato "adesso mi faccio visitare". Non sono stata malissimo ne niente del genere, mi faceva un po' male la schiena, tutto qui. Semplicemente ho pensato che sarebbe stato meglio fare una visita, quindi non spaventatevi :).
La sanità pubblica funziona con lentezza e chiunque possa permetterselo utilizza i servizi privati, pagando, caro o meno, un' assicurazione medica. Io però, non trovandomi in una situazione perfettamente quadrata rispetto a certi aspetti della burocrazia brasiliana (mettiamola così), non posso avere un' assicurazione ed eccomi quindi, giovedì 14 marzo, all' equivalente del nostro pronto soccorso di un ospedale pubblico.
Mentre scendo dalla macchina il tassista mi saluta con un "buona fortuna".
Sono le cinque del pomeriggio.
Ci saranno almeno 50 persone e su più di una parete, dei fogli appesi con scritto "ai sensi della legge bla bla é proibito insultare il personale che lavora".
Io do il mio nome alla reception, mostro il documento e dieci minuti dopo mi chiamano in una piccola sala dove ci sono un' infermiera e una macchina per prendere la pressione.
Entrano con me altre dieci persone. È la prima chiamata: misurano la pressione e fanno domande sul problema e sui sintomi per capire la gravità della situazione e decidere se mandare il paziente in sala d'aspetto o direttamente in un corridoio interno ad aspettare il medico, che pare essere un alter ego di Godot.
Delle dieci persone che rispondono alla prima chiamata insieme a me, cinque piangono disperate: una è incinta e si tiene la pancia, un' altra si lamenta tenendosi la testa e una terza vomita dentro la pattumiera. Queste tre vengono mandate ad aspettare "Godot" mentre gli altri, me inclusa, vengono rimandati in sala d'aspetto.
Io vado a bare un'acqua di cocco, compro dei biscotti e mi siedo tra gli altri. Sono in buona compagnia, ho portato con me il fumetto "Persepolis", che é ancora più bello del film.

Tic tac.
Sono le sette di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. All' improvviso una ragazza che si trova in piedi vicino alla reception cade a terra, probabilmente svenuta. Qualcuno inizia a gridare aiuto ma nessun infermiere risponde alle chiamate e il poliziotto che sorveglia le entrate delle "salette" resta immobile. Le urla si fanno più numerose e più forti e arrivano anche gli insulti, mentre qualcuno grida "Vergogna! Filmate!" e qualcun'altro filma con il cellulare. Anche le due persone sedute alla reception rimangono ferme dietro il loro vetro, non fanno una piega, nemmeno quando una donna comincia a prendere il vetro a colpi fortissimi con la sua borsa.
Dopo qualche altro minuto qualcuno esce da una saletta con una sedia, dove viene adagiata la ragazza, che non ha ancora ripreso i sensi e che viene fatta entrare nel corridoio di Godot.
Piano piano tutti si calmano e si siedono. Io torno al fumetto.

Tic tac.
Sono le nove di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. Un signore appena arrivato si rivolge a noi tutti in questo modo - "Buonasera signori! Abbiamo qui fuori una zuppa per tutti appena fatta calda calda! Una delizia! È per tutti, una zuppa gustosa e calda. È qui fuori nel parcheggio, sul tavolo accanto alla macchina!" -
E ancora, in risposta a qualcuno - "Non costa niente, solo un grazie a dio (o qualcosa del genere), é un regalo!" - e, finito di parlare, comincia a distribuire volantini con pezzi di bibbia stampati o preghiere o non so, non me ne intendo.
Andiamo tutti a prendere la nostra porzione di zuppa, che è anche buona.
Quando tutti abbiamo mangiato il signore torna e dice - "Era buona la zuppa? Se vi è piaciuta dite AMEN! - e tutti in coro: "AMEN!". Io non l' ho detto, ma solo perché sono lenta di riflessi e se fosse stato per  me avrei risposto "come?" e una volta riascoltata la frase avrei detto "ah, amen."
Il signore, poi, chiede alla gente di uscire un attimo fuori a fare una preghiera con lui. Buona parte delle persone vanno, io resto seduta ad aspettare perché Godot potrebbe farmi chiamare da un momento all'altro.

Tic tac.
Sono le dieci di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. Degli amici scoprono dove sono e mi raggiungono, si fanno le dieci e mezza.
Un mio coinquilino mi propone di andare all' ospedale privato con cui l' assicurazione di una mia coinquilina ha la convenzione, e tentare di essere visitata entrando con il nome e il documento della coinquilina in questione. Dopo un po' di resistenza (e se mi scoprono?), accetto.
Alla prima chiamata la ragazza che vive nella mia stessa casa é al mio fianco. (bene, qui userò un nome falso per lei).
INFERMIERA - Nome prego?
IO - Clara...
COINQUILINA AL MIO LATO - Nooo, devi dare il nome completo... Maria Clara Gomez Dartmans...
INFERMIERA - Etá?
IO - ...(!)
COINQUILINA AL MIO LATO - Venticinque

E così via.
Dopo dieci minuti sono stata ricevuta dal medico e il resto è stato semplice.


quarta-feira, 6 de março de 2013

Inquietudine
di sempre
non farmi perdere
tempo
trasformati
in qualcosa
di creativo

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