sábado, 29 de dezembro de 2012

IL SOGNO CHE RICORDO 29/12/2012

Sono alla Cinevideo (e quando mai).
É una sede incredibilmente futuristica e sembra anche un po' un ristorante giapponese. É tutto rosa, arancione chiaro e nero.
Devo scrivere una serie di frasi per un cliente che non so chi sia, da usare come base per un montaggio. E Marta Paludo é lì apposta per aiutarmi. Tra la mattina e l'ora di pranzo c'é la notte, e Marta é ospite a casa mia. Solo che casa mia dev'essere la Cinevideo perché Marta ha con se un materasso grande ma portatile e lo apriamo nel mezzo di una sala. Ma prima di dormire le chiedo notizie sulla figlia di sua sorella Francesca (che in realtà non ha figli), una bambina di circa tre anni che ha un nome molto bello che però non ricordo.
Quando ci svegliamo e torniamo a lavorare, passa al nostro fianco un giornalista con un piatto di pasta al pesto e risotto ai frutti di mare. Io lo fermo subito perché voglio sapere da dove viene (il piatto) e lui dice che c'é una mensa piena di prelibatezze. Io e Marta ci guardiamo, senza pensarci un attimo andiamo a mangiare.
E all'improvviso é già notte e siamo in piazza a Carloforte, a vedere insieme ad altri amici alcuni film proiettati sul muro di una casa.
Marta é sempre con me e abbiamo una maglietta gialla, e ci sono anche altre persone che hanno la maglietta gialla. Siamo tutti della stessa squadra. Per poter vedere il film, infatti, dobbiamo essere organizzati in squadre, però non si vince niente. Probabilmente, siamo gruppi di cinema. Riconosco un compagno di classe delle elementari, Pierantonio. Sta nel gruppo delle magliette rosa, mi saluta.
Marta comincia a raccontare che io faccio una cosa molto buffa quando ho sonno, racconta che mescolo frasi di conversazioni che già sto sognando a frasi di conversazioni che stanno realmente avvenendo con qualcuno mentre io mi sto addormentando. Dice: "Sara é capace che, mentre parlate di viaggi ti dica all'improvviso che devi conservare bene il prosciutto perché se no marcisce".
E tutti ridono, e io penso: "é proprio vero".

le pareti della mia stanza si avvicinano e si allontanano. mi sembra di stare dentro il cuore. non é lui dentro di me. sono io.

e lo penso ancora, cho ho in me tutto il bene del mondo
e lo penso ancora, che ho in me tutto il male del mondo

ma non ti guardare troppo
e cerca di trattarti bene
e stai calma dentro il tempo
e ricordati dei 49 pensieri
e ricordati che ci sei tu
e sei così grande e sei così piccola
che alla fine ti piace essere te, me. perché mi affascina essere me. e mi dispera essere me. e mi fa rabbia essere me. e mi va bene essere me. e mi incuriosisce essere me.
però a volte vorrei avere solo occhi di altri per guardarmi
e a volte vorrei avere solo occhi miei, per me.
comunque pazienza, sarà più difficile, e sarà più divertente.

un cannocchiale incorporato nel pensiero

quarta-feira, 26 de dezembro de 2012

... di Natale per mamma e papá

Mamma,

tu sei "i capitani coraggiosi"
"Ettore e Achille prima di dormire"
"il mare"
sei "Tremal-Naik"

sei "la cosa meravigliosa che ho fatto"
"la musica dance"
"viaggiare"
sei "Nathan Never e Martyn Mistere"
sei"IL capitano"
"i ricci al Poetto"
"le patelle prese sott'acqua"
sei"gli asparagi d'inverno a Carloforte"
sei "i giochi nelle pozzanghere quando pioveva"


"la tecnologia"
"le parole crociate, quelle proprio difficili"

sei anche"cazzarola"
e "la luna" che "ti darei"
"la fugassa e la farinata"
e "il sugo alle teste di gamberi"
sei "Runa Fibonacci"
sei "Rio de Janeiro"
e "Carloforte, sempre"
sei "la matematica"
"i cinque minuti"


"recitare"
"la pelle chiara"
sei "le passioni"
sei "le sorelle"
"il motore che si accende"
"i remi"
"i pesci al bolentino"
"i pesci fritti"
sei "come sono contenta"
"la fantascienza"
sei "da' un bacio"
sei anche "gli sbagli"
e anche "come sei coraggiosa"
"il cambio di stagione"
sei "la nutella nel mio tema di scuola"
"il gommone verde"
"l'albero delle Big Babol mai cresciuto"
"il pino che lui si, é cresciuto"
"il Giunco"
"le strade sterrate"
"il solletico"
sei "troppo toga"
"Il piccolo principe"
sei "i polizieschi"
"l'azione"
"le lacrime in tutti i film, fuori dal film"
sei "il foulard"
e "il rossetto e il mascara"
"gli specchi cattivi"
e poi "il vino buono, bianco"
e "il cioccolato fondente"
anche "Maurizio che dice: ma che te sei rincojonita tutta d'un corpo?"
"via dei Carbonari"
sei "la scuola"
"le scuole"
"le cascate di Iguazù"
sei "canta"
sei "i soldatini a Roma, con quello strano elmo"
"le montagne russe"
"i tuffi dalla barca"
"i venti che sempre sai quali sono"
sei anche "di che segno é, lui?"
"il tango immaginato con un argentino"
sei "la vela"
"il camper"
"i sogni"


Papà,

anche tu sei "viaggiare"

sei "le storie del Signor Carletto"
e "gli spaventi dietro le porte"
sei "degustare"
sei "le neuroscienze"
e poi "La signora Dalloway"
sei "un penny per i tuoi pensieri"
"la musica classica"
sei "non oltre i duecento in prima"
sei "non hai ancora visto il ragazzino dai capelli rossi?"
"i baretti del Poetto"
"il rito della vigilia"
sei "un assaggino"
sei "se mi torturano non c'é problema, io parlo subito"
"il cinema due volte di fila"
e "sei triste perché non hai ancora vinto il Nobel?"
sei "il volume da abbassare"
e anche "obbalalaika"
e ancora "ecco come da un brutto anatroccolo possa venir fuori un cigno"

"il bicchiere di vino all' Antico Caffé"
"Hamasei ogni volta che Roma"

sei "la famiglia é la più grande fabbrica della follia"

"calma"
"coltivare il dissenso"


"i raccontini"
"i capelli neri"

sei "New York"
sei "la matematica"
sei "i libri"
e anche "se non comprassi libri sarei ricco"
"le nuotate in mare"
"le vasche in piscina"
"Zazie nel metrò"
e anche "gli sbagli"
"la curiosità"
"le edizioni"
"le parole"
"le passioni"
sei "i fratelli"
"le storie inventate"
"i personaggi immaginati nella metro"
sei "tieniti da conto"
sei "compra qualcosa che ti piace"
"il pane in casa"
"gli spaghetti a colazione"
"la bicicletta"
"gli sci"
"i tuffi ai Guidi"
"gli esperimenti in cucina"
sei "Freezer con i capelli corti"

"le calze bucate nel mio tema di scuola"
e "non sono più andato ai colloqui"

sei "accompagno la bambina a dormire"
"il vino buono, rosso"
sei "c'era una volta un carpentiere... continua tu"
"i mobili antichi"
"grazie a dio sono ateo"
sei "il berretto"
e "i colletti alla coreana"
"esplorare le spiagge"
"la professoressa francese"
"il professore francese"
"le frontiere"
sei "scrivi"
sei "Paracchini, saluti la bandiera! e tu: Buongiorno"
"gli occhi delle donne"
"stellina"
sei "Scambiatevi un segno di pace, e tu alla prima persona: ... piacere Paracchini"
sei "l' etimologia delle parole"
"l'epistemologia del cervello"
"Bortigali e Lisanza"
"zio Pirisinu"
"la crema di caffé"
sei "il multiverso"
"Woody Allen"
"i pattini"
"i sogni in technicolor"
"i sogni"











segunda-feira, 10 de dezembro de 2012

LE COSE CHE PRIMA CHE ARRIVI LA MATTINA

finire il color che ho appena iniziato

esportare gli archivi per Ant.

terminare il brano nuovo

pensare a come cominciare il documentario sulla Guiné

scrivere questo post fino alla fine

trovare musica meno bella da ascoltare adesso

non sentirmi poco

non sentirmi poca

sbucciare due mele e mangiarmi la buccia, poi forse anche una mela

leggere il Murakami in inglese

smettere di pensare cose oscure solo per ricordarmi che possono succedere pensando così che se succedono fanno meno male

dormire

correre

scaricare l'ultimo film di Ken Loach

mettere a posto la mia stanza. naaaa

fare un corso accelerato di virgole, esiste?

rispondere all'e-mail di Silvia!

i vocali per D.

innaffiare le piante di Diana

andare via dalla Cinevideo in tempo per fare tutte queste cose eccetto il color e gli archivi (e il post), (e la buccia della mela, e forse la mela)

tagliare l'insalata sennò lo so che poi non lo faccio e la faccio andare a male

pensare a cosa inventarmi per la rivista improvvisata di Richarrrrd, sono capace di disegnare un fumetto di una lunga pagina?

dare un ordine cronologico a queste cose, altrimenti mi paralizzo, come accade a volte

tenere il dio di dentro, dentro

non lasciare che alcune cose (oltre che a farmi sentire bene), mi intristiscano solo perché non le ho fatte io (grande confessione, ma giuro che non é sempre così, giuro che é raro)

studiare un pezzo di spartito almeno per 30 minuti

non preoccuparmi

ricordarmi il resto

bere un bicchiere di vino mentre penso che... le cose che prima che arrivi la mattina... bello...

domandare qui e adesso se c'é qualcuno che vede i numeri e le parole a colori, perché io ho sempre pensato che fosse normale finché mio padre mi ha detto di no. se tu, che stai passando qui per caso, puoi rispondere si, mi diresti, per piacere, di che colore vedi lo 0 e l'1 e il 10?

raccontare che oggi sono andata a correre e ho inciampato e sono caduta lunga lunga a terra ma purtroppo nessuno si é divertito perché in quel momento la strada era deserta





sexta-feira, 7 de dezembro de 2012

UN INCONTRO (tradotto)


22 anni. Roma. io timida. io diffidente. io che non credo molto in me. io che non mi piaccio molto. io che ho due telefoni perché mia madre mi ha regalato quello che fa le video-chiamate. io che studio sceneggiatura. io che penso che la mia università sia un posto molto freddo. io che faccio sport quasi tutti i giorni. io che per caso conosco Françoise.

Françoise é vedova, suo marito era stato uno sceneggiatore che aveva lavorato con Fellini e con Dario Argento. Lei ha anche recitato in qualche film, molti anni fa, e ha conosciuto tutti, nel cinema italiano.
Ha vissuto una vita piena di poesia, di racconti, di vino raffinato e spaghetti all'aragosta, di figli. Di passione per qualcuno.

I ricordi sono disseminati per tutta la sua casa, sono l'unica cosa che ha. Non c'é più nessuno che le fa visita. Il marito é morto, una figlia é morta e gli altri figli e i nipoti, forse non la ritengono più tanto importante.

Françoise é sola e nostalgica, passa dal riso al pianto in un tempo di due secondi e più volte nel giro di due minuti. C'é un'ombra d'instabilità nel suo modo di fare ma, in fondo, come potrebbe non essere così, in una solitudine così grande dopo una vita così piena.
Françoise é allegra e esuberante, intelligente e colta. E sola.
E per qualche strana ragione io le piaccio. Mi offre il suo aiuto, la sua compagnia, mi mostra foto, lettere, poesie, mi presta un libro scritto dal marito, mi chiede di accompagnarla in un posto importante.
Ed io.

io timida. io diffidente. io che non credo molto in me. io che non mi piaccio molto. io che ho due telefoni perché mia madre mi ha regalato quello che fa le video-chiamate. io che studio sceneggiatura. io che non capisco perché mi ha preso in simpatia. io che non so bene come comportarmi, perché non vorrei fare qualcosa di troppo e farle pensare che me ne sto approfittando. io che in fondo ho un po' paura di lei, perché mi sembra invasiva, qualcuno che fa molto rumore quando entra nella tua vita, forse troppo.
io che per questo non riesco a prendere spontaneamente il telefono per chiamarla. io che ci metto troppo tempo a richiamare. io che non so come rapportarmi a lei. io che non ho esperienza. io che non ho il coraggio di mostrarle le poche cose che scrivo. io che non so prendere questo treno.

E poco tempo, da molto poco tempo che, di fatto, noi ci conosciamo.

Un giorno come un altro lei mi chiama e mi chiede di accompagnarla in un posto importante. Io sono sulla nave verso Civitavecchia. La linea cade e il campo lo ritrovo solo il giorno dopo. Ma ci metto ancora un giorno, prima di richiamare. Per tutte le ragioni che mi caratterizzano e perché le poche cose che so di lei, io le filtro così, non posso farci niente.

E a lei non piace il mio ritardo. Mi dice che si é proprio sbagliata su di me, che sono solo una ragazzina troppo attaccata alla famiglia che sa solo vivere con i soldi della famiglia e con due cellulari. Che probabilmente non ho una grande cultura. Che di certo mi sono fatta un'opinione sbagliata su di lei. Mi dice molte altre cose oscure che ho cancellato. Mi dice la cosa che fa più male, e che non si dimentica, mi dice tu come scrittrice non ce la farai. Non ce la farai, perché non hai carattere. Lo dice con voce sottile, appuntita, ferma, convinta. Lo dice come se fosse un oracolo, una profezia.

E trapassa o meu coração.

Parole dette con soddisfazione, le vedo, rossetto acceso.
Oggi, sempre, tutte le volte voglio scrivere un racconto ancora bruciano. E dalla penna al foglio c'é una strada da attraversare, e le macchine vanno veloce.

Chiude prima che io possa dire qualunque cosa.

Non ci siamo mai più sentite.

Françoise.
Ed io.
Io che non ho carattere.

terça-feira, 4 de dezembro de 2012

UM ENCONTRO MARCANTE

22 anos. Roma. eu timida. eu desconfiada. eu que não acredito muito em mim. eu que não gosto muito de mim. eu que tenho dois celulares porque a minha mae me regalou aquilo que faz as video-chamadas.  eu que estudo roteiro. eu que acho essa minha universidade um lugar tão frio. eu que vou quase todos os dias na academia. eu que por acaso conheço a Françoise, 74 anos.

Françoise é a mulher viuva de um roteirista que trabalhou com Fellini e com Dario Argento. Ela também atuou em filmes, tempo atrás, e conheceu o mundo todo do cinema italiano. Ela viveu uma vida cheia de poesia, de contos, de ótimo vinho e spaghetti à langosta, de filhos e de paixão. Paixão pelo marido dela.
As lembranças dessa vida estão diseminadas pela sua casa toda, e são as únicas coisas que ela tem; ninguém mais vai visita-la. O marido e uma filha faleceram, e os outros filhos e os netos talvez não a consideram mais alguém de muita importância.
Françoise é sozinha e nostalgica, e pode passar desde a risada ao choro em dois segundos, varias vezes no tempo de dois minutos. Tem uma sombra de instabilidade no jeito dela, mas talvez, como poderia não ser, numa solidão tão grande, depois de tanta vida?
Françoise é alegre e safada, inteligente e aculturada. E sozinha.
E por alguma estranha razão, ela gosta de mim. Me oferece a sua ajuda, a sua companhia, me mostra fotos, cartas, me empresta um livro escrito pelo marido, me faz convites importantes.
E eu.
eu timida. eu desconfiada. eu que não acredito muito em mim. eu que não gosto muito de mim. eu que tenho dois celulares porque a minha mae me regalou aquilo que faz as video-chamadas. eu que estudo roteiro. eu que não entendo porque ela goste de mim. eu que não quero me aproveitar dela e parecer que estou saltando etapas porque conheci a pessoa certa. eu que tenho um pouco de medo dela, porque ela me parece invasiva, alguém que faz muito ruído quando passa na sua vida, um pouco demais.
eu que por isso, não consigo ter a naturalidade de pegar o telefone e chama-la. eu que demoro em ligar de volta. eu que não sei como me relacionar. eu que não tenho experiencia. eu que não tenho a coragem de mostrar para ela as coisas que escrevo. eu que não sei subir nesse trem.

E pouco tempo, muito pouco tempo que de fato nós nos conhecimos.

Um dia como os outros ela me liga para me fazer uma proposta muito interessante, e eu estou no barco que de Cagliari me leva para Civitavecchia. A ligação cai e o sinal só volta no dia depois. Mas eu demoro mais um dia para ligar de volta para ela. Por todas as razões que me caraterizam e por causa de como eu filtro as poucas informações que tenho sobre ela.

E ela não gosta da minha demora. Me fala que ela errou de consideração sobre mim, que eu só sou uma    menina pendurada e apegada demais à família que só sabe viver com o dinheiro dela e com dois celulares. Que provavelmente não tenho muita cultura. Que com certeza tenho uma opinião errada sobre ela. Que posso esquecer a proposta que ela me fez e esquecer dela. Me fala muitas outras coisas obscuras que eu apaguei. Me fala a coisa que mais doeu e que nunca vou esquecer, me fala que como escritora, eu não vou conseguir. Que eu nunca vou conseguir ser uma escritora de verdade, porque eu não tenho caracter. Fala isso com uma voz velata, como fosse uma profezia, um oracolo. Fala isso com muita calma e lucidez.

E trapassa o meu coração.

Fala com satisfação essas palavras cor batom vermelho aceso.
E ainda hoje, todas as vezes que eu tenho vontade de escrever um conto, as suas palavras voltam a arranhar. E antes de começar a escrever, eu tenho que atravessa-las como se atravessa uma estrada sem semáforo, cheia de carros vindo em alta velocidade.

Ela corta a ligação antes do que eu fale qualquer coisa.
Não falei com ela nunca mais.
Françoise.
E eu.
Eu que não tenho caracter.




quinta-feira, 1 de novembro de 2012

TÊM QUE ASSISTIR / DA VEDERE



http://www.youtube.com/watch?v=7N8wkVA4_8s

bemmal

Estouestouestouaqui. Não estou aqui. Dove sono?

As vezes me parece que a minha forma de olhar para as coisas seja como o movimento de um músculo. Tensa e relaxada tensa e relaxada mas também longe mais longe mais perto mais longe. Onde é que eu estou? Porque? O medo e o prazer, eles se confundem? E como isso pode acontecer?

e porque eu sou só isso? porque talvez eu sou só isso

é muito complexo
querer ser
sem perder o equilíbrio


deve ser mais
eu procuro
mas
mas eu procuro
mas eu procuro
que queime mais
dar algo mais bello para qualquer pessoas que não seja eu
dar
dar
mas
eu procuro
um bem

tenho em mim todo o bem do mundo
tenho em mim todo o mal do mundo
tenho em mim todo o bem do mundo

ego zografizo me ta oneira

quarta-feira, 17 de outubro de 2012

14/10/2012 IL SOGNO CHE RICORDO


Sono nella casa del giunco, a Carloforte. Devo svegliarmi per andare a lavorare alla Cinevídeo.
Probabilmente sto dormendo in salotto (un salotto che é molto più grande e diverso da quello di casa), perché c'é una specie di gigante-uomo che dorme in camera mia. Non so bene chi sia, ma lo sto ospitando.
Mi alzo e vedo Diana dall'altra parte del salone, seduta ad un tavolo pieno di fogli colorati e di progetti a forma di gomitoli e Didó. É molto allegra ed ha un cavallo con sé, proprio al suo fianco.
Vorrebbe parlarmi, ma purtroppo sono in ritardo e non riesco darle tutta l'attenzione che vorrei. Comunque sono tranquilla perché sta per arrivare anche Arianna. Ma non so come comportarmi con il cavallo perché non ne ho mai avuto uno e ho paura che mi morda la mano (haha!). Ma Diana mi dice che é buonissimo e che posso stare tranquilla. Quindi sto tranquilla.

Salgo le scale ed entro lentamente nella stanza, dove il gigante-uomo sta dormendo, per prendere qualcosa.
Quando torno giù, il cavallo mi si avvicina e mi accorgo che Diana gli ha messo il rossetto. Un rossetto fortissimo... la bocca sembra proprio quella di una persona!
Mentre lo osservo, Diana, con grande allegria, mi chiede "non gli sta benissimo?" e io rispondo di si, perché in effetti il cavallo lo porta molto bene.  Tra l'altro sembra ne vada anche orgoglioso.

Mentre guardo gli ampi spazi della casa, il cavallo correre da una parete all'altra, Diana intenta a costruire cose colorate sul tavolo e vedo la luce che entra da fuori e penso al mare, mi sveglio.
E in effetti é tardi, e devo andare.

É assim que muitas vezes vão as coisas (tradução)

(Anticipadamente peço desculpa por todos os erros de português).


No domingo, o meu deus de dentro costuma sair de férias. E eu, sem ele, sento-me perdida. 
Mas hoje (quer dizer, domingo), me foi bem porque eu tinha que escrever, e ele fez me sentir a sua presença, o meu deus de dentro.
Ele está sempre muito faminto, tem que se nutrir de novidades, de coisas que chamem a atenção dele, para ficar em saúde. Quando isso vem a faltar, o deus de dentro sobrevive com desafios menores, com o trabalho que o sacudi, com o movimento.
Se também isso vai faltar, ele morre.
Depois renasce, claro. Ou, pelo menos, isso está claro para mim. 

Mas quando morre, ele ser parte de mim, ou eu ser parte dele, é agonizador (? ou deveria dizer exaustivo?). Quero dizer, é exaustivo esperar que ele nasça de novo.
Pensava que deve ser um deus de dentro tão exigente que passa o confim do capricho, mas apesar de tudo, nunca brigo com ele. Para dizer a verdade, eu o adoro.


Dois anos atrás comecei a escrever um roteiro para um longa, chamado "Não fomos bons".
Relendo-o, estou achando que esse micro-textinho fosse particularmente autobiográfico:

 “É assim que vão as coisas muitas vezes. As pessoas se abrem comigo, me contam de se mesmas, desabafam. Se desnudam com palavras que nem para um desconhecido, se sentem livres de me dar conselhos depois ter ganhado de mim as informações mais superficiais. Acreditam que duas palavras sobre a minha privacidade sejam suficientes para me conhecer em profundidade, mas a verdade, é que a parte isso, eu não falo nunca. 
Escuto. E pergunto. Pergunto muito. 
E nas lembranças desfocadas da multidão, o meu perguntar se torna um dizer sem interrogação. Se torna um contar.
A verdade é que não me escutam com facilidade, o meu falar não tem muito espaço. O meu papel é ser um balde onde derramar os lamentos do desespero, as confidências mais maliciosas, as criticas mais cruéis. 
Mas acontece também que as pessoas me confiem os seus sonhos. 
Sem querer elas me protegem, cuidam de mim. 
Me dão calor.
E eu, arrancada por uma infinita tristeza, antes o depois, as abandono". 

Assim, eu me sentia. 




terça-feira, 16 de outubro de 2012

É COSÌ CHE VANNO SPESSO LE COSE


Di solito, di domenica, il mio dio di dentro va in vacanza. Ed io mi sento persa senza di lui. Però oggi mi é andata bene perché dovevo scrivere e lui mi ha fatto sentire la sua presenza, il mio dio di dentro.

Il mio dio di dentro é molto affamato, si deve nutrire di cose nuove e interessanti per stare in salute. In mancanza di queste sopravvive con le piccole sfide, con il lavoro che scuote, con il movimento. Se anche questo viene a mancare, lui muore. Poi rinasce, ovvio. O almeno é ovvio per me. Però, quando muore, portarselo dietro é stremante. Voglio dire, é stremante attendere che rinasca.
Stavo pensando che dev'essere un dio di dentro talmente esigente da sforare nel capriccio... eppure non ci litigo mai. A dire il vero, gli voglio proprio bene.

Due anni fa ho iniziato a scrivere una sceneggiatura per un lungometraggio, dal titolo "Non siamo stati bravi".

Stavo pensando, rileggendola, che questo micro pezzo fosse particolarmente autobiografico:


“É così che vanno spesso le cose.

Le persone si aprono con me, mi raccontano di sé, si sfogano. Si spogliano delle parole che non possono pronunciare se non in presenza di una sconosciuta, si sentono libere di darmi consigli dopo aver saputo di me le informazioni più superficiali. E credono che siano sufficienti due parole sul mio privato per conoscermi a fondo ma la verità, é che a parte questo, io non parlo mai. Ascolto. Faccio tante domande. E nel loro ricordo sfuocato, il mio domandare si trasforma in un esporre, in un raccontare.

In realtà non mi ascoltano facilmente, al mio parlare non viene dato molto spazio. Il mio ruolo reale e’ quello di un secchio nel quale riversare i lamenti più disperati, le confidenze più maliziose e  i pettegolezzi più crudeli.

A volte però mi confidano anche i loro sogni. Indirettamente mi proteggono, si prendono cura di me. Mi danno calore. Ed io,  travolta da un’abitudinaria tristezza, prima o poi li abbandono”.


Così io mi sentivo.

domingo, 14 de outubro de 2012

quarta-feira, 10 de outubro de 2012

QUANDO VOU DORMIR

Quando vou dormir, não durmo sem ler um livro (pode ser sobre qualquer coisa), ou sem ocupar o silencio com algum video do youtube de algum jornalista italiano que fala sobre a mafia, sobre a camorra, sobre a politica, ou vendo um programa jornalistico que faz reportagens interesantes sobre a crisi, los bancos etc... etc...
Geralmente, o quem gosto mais de escutar é o Roberto Saviano.

terça-feira, 9 de outubro de 2012

INCONTRI/UNA MATTINA D' AGOSTO 2010/UN VIAGGIO TRA CAGLIARI E CARLOFORTE


Oggi, cercando tra vecchi documenti word del 2010 una sceneggiatura, ho trovato una copia di un'e-mail che, nell'agosto del 2010, avevo inviato ad A. (il fatto di usare l'iniziale devo ammettere che lo sto copiando da Oreste), per raccontargli la cronaca di un viaggio bizzarro.

Eccola qui:

Ho rischiato di scriverti una pagina di noiose riflessioni sul profondo nulla, ma poi il mio lungo (di sicuro piu' del necessario) viaggio Cagliari - Carloforte mi ha fatto cambiare idea e adesso ti racconto di come la tua "patria" possa sempre stupirti con il suo paesaggio umano.
Se partiamo dal presupposto che il mondo e' una prigione di pazzi e noi ci siamo dentro in pieno (io si, di sicuro), rientra tutto nella normalita', quindi non sto per raccontarti niente fuori dal comune.

Alle cinque del mattino ho raggiunto la stazione di Cagliari per prendere il primo treno per Iglesias nella speranza di trovare poi da lì, un autobus diretto per Portovesme, che mi facesse prendere in tempo utile, il traghetto chiave per arrivare ad aprire puntualmente la mia gabbia di legno. (IL posto dove lavoravo)

Questo perche' alle otto del mattino, di navette private neanche a parlarne, e i mezzi pubblici...tutte le informazioni annegano con il sole nel mare se non le chiedi prima che lui (il sole appunto) sparisca. E delle informazioni non rimane traccia nemmeno sui muri e nemmeno su internet. Ma Cagliari e' cosi', basta ricordarsene e il problema sparisce anche lui.    
Allora entro alla stazione e una signora con una vocina gentile mi chiede un'informazione, spiegandomi dettagliatamente il suo problema (che non e' affatto un problema) e, dopo la mia risposta, per l'appunto "credo che non sia un problema..." lei capisce che stiamo andando nella stessa direzione. Quindi esclama che allora facciamo il viaggio insieme e prima di darmi il tempo di rispondere indica i bagagli pesantissimi che potrei aiutarla a portare mentre comincia a espormi la parte piu' recente della sua vita come si fa con un parente semi sconosciuto.
- - - - 
Scusate, qui all' improvviso ho cambiato il tempo verbale, non so perché.

Quando ho poggiato il suo bagaglio pesantissimo sul treno, la signora mi ha chiesto se poteva sedersi vicino a me ed io, che avrei voluto risponderle con un "noooo ti pregoo", le ho detto: " Certo!". 

Parlava a raffica, con allegria.
Nello sforzo (avevo molto sonno), di ascoltare i suoi racconti, ho cominciato a interessarmi alle sue narrazioni e a pensare che quella donna mi piacesse: elencava tragedie e perdite relativamente gravi della sua vita e tutte le cose sfortunate successe a lei e al marito. Subito dopo pero' parlava di quelle buone, che invece le avevano riportato l'equilibrio e l' avevano fatta andare avanti imperterrita (insieme al suo sposo). 
Lo diceva con allegria e ripeteva di essere fortunata. 
E io pensavo:
"Ecco, come al solito le lezioni piu' grandi me le danno le persone piu' semplici, queste maghette del cucito che si sono fatte l'abito da sposa da sole e che parlano delle figlie cicciottelle con lo stesso tono che usano per dire che sono ordinatissime e che sono un pepe, cioe' come se fosse una cosa come un'altra (non come certe ragnatele di parenti sempre li' a rompere i coglioni se non entri nelle misure che si cuciono negli occhi).

Quando ad Iglesias ho scoperto che non c'erano autobus in coincidenza per Portovesme e che avrei aperto la mia gabbia lavoro con due ore di ritardo, io e questa persona ci siamo guardate. 
E lei non ne ha fatto un dramma. 
E neanche io ne ho fatto un dramma. 

Che poi me la sarei fatta anche a piedi, pur di non rinunciare a... ma questo adesso non c'entra.

Comunque, non ne abbiamo fatto un dramma e nel tempo di un messaggio e una chiamata con energia positiva il problema si e' squagliato al sole come me dentro la mia gabbia il pomeriggio.

Poi, la mia compagna di viaggio se n'e' andata via nella panda del marito che aveva il cofano che non si apriva. Quando il marito restava senza lavoro loro prendevano i figli e facevano "una pazzia": si facevano un viaggio. E quando tornavano, il marito, il lavoro da qualche parte lo trovava. 

Mentre penso a questo si avvicina un ragazzo dagli occhi estremamente rossi e dallo sguardo annacquato per chiedermi un'informazione. Gli rispondo.
Mi chiede se sono di Iglesias. Gli rispondo poi getto di fretta gli occhi su "Accabbadora"...che voglio silenzio!!
Poco dopo si siede sulla stessa panchina dove sono io, all'altro estremo. 
Guarda le mie gambe incrociate fino ai piedi e inizia cosi' tra noi questa singolare conversazione:



RAGAZZO dagli OCCHI ROSSI - Mi piacciono le tue scarpe. (sono di quelle che lasciano solo le dita dei piedi scoperte)

SARA - Ah...grazie...(ci pensa su)...grazie mille. (occhi sul libro)

R. dagli OCCHI ROSSI - Io, mi innamoro...delle suole delle scarpe. (lo giuro l'ha detto!)

SARA -  Ah. (non ributta gli occhi sul libro)

R. dagli OCCHI ROSSI - Siamo in 19 a Iglesias.

SARA - ? 

R. dagli O. R.  - 19 ragazzi ad avere questo problema.

(Sara si interroga sul problema).

R. dagli O.R. - ...questo problema. Baciamo le suole delle scarpe.

SARA (comincia a mordersi il labbro per impedire alla sua voglia di ridere di farsi evidente e ferire il ragazzo, che invece e' serissimo) - Come? Baciate le suole delle scarpe?

R. d. O.R. (sempre piu' serio) - Si. E' un problema psicologico. Infatti molte donne sposate ci chiamano apposta, per farci baciare la suola delle scarpe. 

[ No podia creer como me pudiera decir algo tan divertido y mantenerse tan serio! ]

SARA - Ma e' una dipendenza?

R.d. O.R. - Si.

SARA - E come si chiama questa dipendenza?

R. d. O. R. - Psicologica.

SARA (si morde il labbro piu' forte) - Capisco. [Mentira!]

R.d.O.R. - A noi non interessano le suole delle scarpe nuove, solo quelle usate che sono gia' diventate nere, come le tue. 

SARA (Chiude gli occhi poi li riapre)

R.d.O.R. - Per quello le ho notate subito.

SARA - Ma com'e' cominciata questa cosa?

R.d.O.R. - Da piccoli, alle elementari, quando le compagnette di scuola ci facevano baciare le suole delle scarpe.

SARA - Ma perche' le donne vi chiamano?

R.d.O.R. - Perche' sanno che soffriamo.

SARA -Ah.

R.d.O.R. - ...

SARA - ...

R.d.O.R. - Posso baciare la tua suola?

SARA (mannaggia lo sapeva!) - ...mi dispiace...ma...non posso farti baciare la suola delle mie scarpe...proprio non ci riesco. (!!) 

R.d.O.R. - Perche'?

[eh].

SARA - Eh.

R.d. O.R. (implorante) - Ti prego fammela baciare. (la suola!)

SARA (dispiaciuta) - No, mi dispiace...non posso proprio...

R.d.O.R. - Mi fai soffrire.

SARA - MI dispiace! (e addirittura) scusa!

R.d.O.R. - Posso almeno toccarla?

SARA - No.

R.d.O.R. - Ma perche'! Non posso nemmeno toccarla!

SARA - Davvero mi dispiace! (ed e' vero! Ma non abbastanza)

Il ragazzo tace.

Dopo cinque minuti saluta e se ne va.

Io sono rimasta a guardarmi le suole delle scarpe, e ho continuato a farlo fino a Carloforte. 



segunda-feira, 8 de outubro de 2012

AS SOMBRAS e eu contando e divagando

Continuo pensando que quando tenho demasiado tempo para pensar em mim, eu não sou mais eu. Mesmo não sabendo quem sou eu.
Hoje o dia foi muito curto enquanto fiquei mexendo numas coisas importantes para mim.
O tempo passou rápido, de verdade. Mas quando o computador apagou e não quis mais ligar para umas horas... e eu não tinha um livro verdadeiramente bom comigo (que não tivesse já lido), tudo parou e eu não consegui nem tocar um pouco de violão. O tempo, as coisas, as pessoas, tudo parecia paralisado, como se tivesse apertado o stop com um dedo.
E o vazio me mordeu o estomago.
Me repito: "não se deixa invader, não deixa as sombras entrar, não se deixa esvaziar das boas energias que com tanto esforço concentra em você, não deixa a cabeça ir atrás das sombras, não feche os olhos, pense em admirar tudo o que está ao seu redor e procure. Procure o interessante, o estimulante, mas não feche os olhos, se da um presente... vai procurar um livro bello". Isso é o que eu falo para mim quando me parece que a força de gravidade esta me deixando encadeada ao chão, quando eu não sou mais eu.
Quando isso acontecia em Cagliari, ou em Carloforte, eu ia perto do mar, e a sua presença me acalmava. Quando acontecia em Roma, eu saia de casa e caminhava pelas ruas todas da cidade, parando só para encher os olhos de novos lugares apenas descobertos. E sempre ia na livraria Feltrinelli, e as vezes comprava um livro. E não comia quase nada pois isso me fazia sentir mais limpa. E caminhava o dia inteiro, para tirar de mim um pouco de obscuridade a cada passo.
Na Grecia tentava fazer um pouco de tudo, caminhar, escrever... mas lá era mais difícil, as vezes não conseguia derreter ao sol a minha melancolia e as noites também ficavam atormentadas.
Em Buenos Aires ia de bicicleta o dia todo, possivelmente até o Rio/Mar. Sempre adorei o caminho desde a minha casa até lá. Caos e desordem nos quais eu podia esquecer quem eu não queria ser.
Penso tanto a coisas como Quem sou? Quem eu quero ser? Como eu quero ser esse Quem? e não entendo ainda se pensar nisso faz sentido.
Hoje tinha vontade de un quadrinho bonito, um quadrinho que já vi na FNAC, sobre a Faixa de Gaza. Mas esta muito caro e decidi que vou comprar ele quando for festejar alguma coisa, e não para um capricho do humor. Então foi comprar um vinho e escolhi um Bordeaux.
Me senti melhor, porque o bebi com uns amigos e, em silencio, compartilhei um pouco da minha melancolia com eles. E eles, aceitando algo que eu tinha trazido, fizeram me sentir melhor.
Adoro quando as pessoas bebem ou comem as coisas que eu ofereço. Uma vez, voltando do Norte Argentino para Baires, o ónibus quebrou, e enquanto todo mundo esperava no meio da Puna que a solução mais rápida chegasse, eu comecei a oferecer para todos, o meu pacote aberto daquele mais inflado lá... Todo mundo colocava a mão dentro do pacote e eu estava muito alegre por causa disso.
Mas agora é melhor se paro. Acho que é.

La forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà, la forza di volontà.

sexta-feira, 5 de outubro de 2012

UM CONTO QUE PERDI

                                                        PASSEI POR AQUI - CAPITULO 1




Acile tem 7 anos.
Nesse momento está pescando as medusas que utilizará para dar um susto em todos aqueles que, amanhã,  irão mergulhar na Praia Leste de Stastoqueria.
Acile adora fazer isso. Pula de um lado para outro em sua canoa, pisando no corpo todo do Mustafá, que, sendo dois metros de altura por um de gordura, nos barcos de pequeno tamanho, só pode ficar deitado para distribuir em forma equilibrada o seu peso devastante.
Mustafá é a babá de Acile, e tem uma ligação muito especial com a menina. Seria capaz de mudar a cor da pele se a criança o pedisse, mesmo adorando aquele roxo inexplicável que deixa sem fôlego todos os seus futuros amantes.
É mesmo, a pele do Mustafá é absolutamente roxa e ninguém sabe o porquê.
De fato, ninguém sabe nada sobre a babá, mas ela prometeu para a Acile que contará publicamente os  acontecimentos dos seus primeiros 9 anos de vida, exatamente no dia do nono aniversario da pequena.
Na verdade, corre um rumor de que existe um lugar onde a história (a história inteira!), de Mustafá está custodiada. Esse lugar é a torre dos arquivos de Stastoqueria.
Por quê?
Bem, é útil, a esse propósito, dizer que Stastoqueria é um longuíssimo istmo que une dois países extremamente envolvidos em atividades comercias: não só entre eles, mas entre eles e todos os países vizinhos também. Isso torna o istmo um ponto de passagem muito importante e estratégico para vários tipos de negócios.
Mas Stastoqueria é um país independente e as fronteiras estão totalmente fechadas para quem não quiser pagar a taxa pedida pelo governo. Não se trata propriamente de dinheiro, mesmo que a prefeitura goste de chamá-la "taxa de luxo". 
Concretamente: qualquer pessoa que passe para as fronteiras desse pequeno istmo, tem que deixar uma história, não importa que leve ela já escrita em papel ou que a conte no momento, centenas de escrivães trabalham lá para isso. Pagando essa "taxa", a pessoa adquire o direito a 15 permissões de entradas no país; uma vez esgotadas essas, ela terá que doar uma nova história para renovar os vistos de entrada. 
É claro que, não podendo recusar de pagar, muita gente acredita que a forma mais rápida de contar uma história seja aquela de falar, para os escrivães, da própria vida. Um equivoco que todo mundo paga com a descoberta da própria vaidade ou... do talento para a narração (vale a pena mencionar, aqui, o caso do maior comerciante de falsa alpaca de todos os tempos, Calandrino de la Puna, que após ter experimentado a taxa de Stastoqueria, decidiu largar as suas frutíferas atividades para se tornar, com grande habilidade,  o maior autor de falsas biografias de todos os tempos).