segunda-feira, 15 de abril de 2013

Lista incompleta delle mie paure

(sono le due meno venti del mattino. non voglio andare a dormire perché ho paura della giornata di domani e non so perché, per cui temo che se andassi a dormire ora, perderei tutta questa notte e mi sveglierei dovendo già andare a lavorare e non voglio che il tempo passi così in fretta come quando si dorme.

sono davanti a questa pagina da un po' e tutto quello che viene da scrivere mi sembra noioso.

ho deciso allora di cercare di pensare a qualcosa di utile, utile nel senso che il fatto che io scriva questa cosa magari potrebbe rivelarsi benefico per me, come una sorta di esorcismo.
magari.
una lista)

la lista incompleta delle mie paure.

ho paura di avere molta paura di qualcosa. perché so qual'é l' effetto che questo ha su di me e come per me sia paralizzante. quando ho molta paura vedo tutto deformato come se avessi delle allucinazioni sui significati delle cose.

ho paura di non essere capace di usare la creatività per vivere, di saperci sognare e basta.

ho paura di non imparare tutto quello che potrei dalle mie esperienze, soprattutto dai viaggi.

ho paura di accorgermi che, proprio per il tipo di esperienze che ho fatto, dovrei essere più in gamba.

ho paura di non superare mai il livello di "buono", in quello che faccio e, alla lunga, abbassarlo alla mediocrità.

ho paura di non saper cogliere le occasioni.

ho paura di non portare a termine le cose che mi piacciono e che comincio con entusiasmo, solo perché mi sembrano traversate troppo lunghe e difficili.

ho paura di arrivare a non provare niente, di non sentire niente, per le cose che mi circondano.

ho paura di adattarmi e smettere di inseguire quelli che considero i miei ideali.

ho paura della mia assenza, di essere una persona assente con chi mi é vicino e amico. 

ho paura di essere una persona "scivolosa", che crea una distanza tra se e gli altri, una persona che non c'é mai e su cui non si può contare.

ho paura di deludere chiunque si aspetti qualcosa da me, di non fare abbastanza.

ho paura di non riuscire a ribellarmi quando qualcuno calpesta i miei diritti. 

ho paura del mio essere di malumore, perché temo che questo possa creare una energia negativa a partire da me che si estenda anche agli altri.

ho paura di non sapermi mai imporre.

ho paura di litigare perché non so gestire i litigi e mi fanno sempre sentire molto male. 

ho paura di non saper arrivare a litigare per qualcosa, perché anche questo mi fa male.

ho paura che sia vero, che io non abbia carattere.

ho paura di subire troppo il tempo e il caso.

ho paura di scegliere le strade più facili e non rendermene conto.

ho paura di impazzire, ma solo a volte.

ho paura di diventare indifferente.

ho paura della mia disinformazione.

ho paura della tua disinformazione.

ho paura di dire che sono triste o che mi sento male alle persone per me importanti, perché temo di farle allontanare. 

ho paura di non piacermi mai in tutti i sensi e che questo mi renda schiava e ossessiva sempre.

ho paura di non arrivare a fare niente di veramente importante per qualcuno che non sia io.

ho paura di non saper fare scelte coraggiose o, comunque, qualcosa di davvero coraggioso.

ho paura delle mattine in cui mi sveglio e non mi va di alzarmi perché so che significa che sono scontenta di qualcosa, mentre vorrei sentirmi sempre entusiasta.

ho paura di non partecipare abbastanza. 

ho paura del mio parlare un po' disarticolato, che spesso non mi permette di riuscire a spiegare qualcosa a qualcuno senza farlo perdere nella mia confusione.

ho paura di non sapermi prendere cura delle persone e, in qualche modo, di farle sentire abbandonate, facendo si che siano loro, forse, ad abbandonare me.

e devo averne tante altre, di paure, ma per ora mi fermo qui.




io allo stato grezzo


questa é la copia di una e-mail che ho mandato ad una persona che scrive mille volte meglio di me quando si tratta di testi (sicuramente scrive tutto meglio di me). le ho chiesto di aiutarmi a scrivere il testo di una canzone a cui sto lavorando e quello che segue é il contenuto che gli ho mandato, chiedendomi e chiedendogli (perché é una persona ma é "lui"), cosa lui ne farebbe.


e-mail:
ti mando i pensieri che vorrei si trasformassero in testo. sono buttati lì uno dopo l' altro. ma la cronologia in fondo ha un microsenso. forse li troverai melensi e penserai che lasciano molto a desiderare ma sono veri, almeno adesso, in questo momento, é quello che io credo.
la grammatica é tutta incasinata non aspettarti Roland Barthes :) mi giustifico dicendo che la grammatica é lo specchio della mia inquietudine o della mancanza di equilibro :)

la prima volta che ho capito che non riuscivo a comunicare e che non ci sarei mai riuscita, mi ero sentita così sola e male, che avevo pensato di non voler più parlare. Avevo pensato che forse io nella mia vita non ero una ballerina, che forse ero solo lì per guardare
avevo pensato di rifugiarmi in tutto quello che avrei potuto vedere del mondo, che almeno avrei fatto gli occhi felici e il resto di me si sarebbe accontentato di galleggiare da solo.
però poi, mentre seguivo la mia decisione, ho iniziato a capire che tutto quello che guardavo non parlava ai miei occhi, ogni cosa era un linguaggio che si piantava come una freccia nel petto ed io vedevo il mondo, e lui parlava anche di me. ma non era il paesaggio di terra, erano tutti quelli che non erano me. erano le persone con cui mi incontravo, con cui ridevo o non parlavo, che mi piacevano e non mi piacevano, che mi incuriosivano e spaventavano. 
Erano il viaggio dentro il viaggio.
Ogni persona mi da un pezzo di infinito ed é lì che ci sono anche io, ed é lì che io divento un bene e divento un male. Ed é tra me e lei che io esisto. Ed é tra me e lei che non sono mai uguale. 
Ma ogni incontro ha un peso talmente grande che non so per quanto tempo potrò caricare quei pezzi di infinito che mi fanno essere fino a morire. Non possono restare tra le mie braccia. Li devo passare ad altre braccia o ad altro. Mi devono solo attraversare. Perché se si fermano in me, alla fine perderanno il senso. Devono, dopo di me, arrivare a qualcun altro. Essere destinati a qualcun' altro. 
Devo essere condivisi.
le cose non si possono fermare a me ma devono passarmi attraverso e poi arrivare a qualcuno o diventare qualcosa, io non sono il punto di arrivo, sono un ponte forse non posso che essere questo, o un porto da dove si parte forse non posso che essere questo, un corridoio o una porta forse non posso che essere questo e il punto d'arrivo spero sia qualcun' altro o qualcos'altro. Qualcosa che sia utile più di me, che serva più di me, perché solo come tramite, io mi sento un qualcuno.
precisazione che gli ho fatto su skype:
l' ultima parte significa che io non esisto se non posso condividere. se le cose restano dentro di me e, attraverso me, non arrivano a qualcun altro, si spengono, si cancellano, diventano cenere.