sexta-feira, 29 de novembro de 2013

As proporções

Hoje eu falava com. Dizia isso. Sobre mim.
"... as vezes penso que com os pais que eu tive e todas as experiências que fiz, eu deveria ser uma pessoa melhor. no sentido, se eu penso às pessoas com as quais eu cresci, e às coisas que eu fiz, aos lugares que conheci e às histórias que escutei, acabo me perguntando... como é possível que eu ainda seja só isso?
como se eu não conseguisse ser uma esponja o tanto que eu queira
como se tropeçasse a cada vez nas minha incongruências e nos meus erros, mesmo tendo visto como que eu poderia esquiva-los, como que eu poderia ser muito mais, do que isso
como se no fundo, eu conhecesse umas formulas que nunca consigo aplicar de verdade
é por isso que me digo... ainda eu não sou bastante boa
porque respeito a todos os estímulos que tive e que tenho, sinto-me crescer demais lentamente
porque essas coisas não me "doam"a inteligência que eu queira 
e pois essas coisas, eu não consigo transmiti-las para os outros quanto e como eu queira. 
o único que acredito saber fazer é ser compreensiva. compreender as pessoas.
pelo restante é assim, eu ainda não sou bastante boa
em absorver as coisas numa forma que, misturando-as comigo, mudem para algo a mais, para outra coisa. 
em fazer com elas algo que possa ser útil para alguém, algo que eu possa dizer a alguém"

Depois continuei a pensar comigo mesma.
o ponto é que o"alguém" tem extrema importância. porque alguém talvez quer dizer "todos", numa possibilidade que abrange "qualquer outro", os outros. e eu vivo num equilíbrio entre mim e os outros. e sem os outros eu não saberia ser nada a não ser de um corpo. é isso, sem os outros eu não sou nada. um multiplicado por zero é zero. mas não consigo dizer isso sem dize-lo. não sei simplesmente ser essa ligação sem sentir a necessidade de explica-la. e nem sei de fato explica-la. eu ainda não sou bastante boa.


Le proporzioni

Oggi parlavo con. Dicevo questo. Di me.
"... a volte penso che con i genitori che ho e con tutte le esperienze che ho fatto dovrei essere una persona migliore. nel senso, se penso alle persone con cui sono cresciuta e alle cose che ho fatto, ai posti che ho visto e alle storie che ho ascoltato mi viene da chiedermi... com'é possibile che io sia ancora solo questo?
come se non riuscissi ad essere una spugna tanto quanto vorrei
come se inciampassi ogni volta nelle mie incongruenze e nei miei sbagli pur avendo visto come poterli schivare, pur avendo visto come poter essere molto di più di così
come se in fondo conoscessi delle formule che non applico mai
é per quello che mi dico: non sono ancora abbastanza brava
perché rispetto agli stimoli che ho e che ho avuto mi sento crescere troppo lentamente
perché queste cose non mi rendono intelligente quanto vorrei
e perché non riesco a trasmetterle agli altri quanto e come vorrei
l'unica cosa che credo di saper fare é essere comprensiva. comprendere le persone. 
per il resto é così, non sono ancora abbastanza brava
ad assorbire le cose in un modo che, mescolate con me, si trasformino in qualcos'altro
a farne qualcosa che possa servire a qualcuno, che possa dire a qualcuno"

Poi dopo ho continuato a pensare tra me e me.
eppure "qualcuno", qualcuno é di estrema importanza. perché qualcuno vuol dire forse "tutti", in una possibilità che comprende chiunque altro, gli altri. ed io vivo in un equilibrio tra me e gli altri. e senza gli altri io non saprei essere niente se non un corpo. é così, senza gli altri io non sono niente. uno per zero, zero. ma non riesco a dirlo senza dirlo. non riesco solo ad essere questo legame, senza avere il bisogno di spiegarlo. e non so nemmeno spiegarlo. non sono ancora abbastanza brava.







terça-feira, 3 de setembro de 2013

É molto triste leggere i commenti sotto quest'articolo, spero che a nessuno dei miei amici brasiliani, argentini o stranieri in generale capiti mai di leggerli. Per fortuna qui in Brasile nessuno mi dice di tornarmene nella mia schifosa Italia mafiosa e camorrista, anche se faccio un lavoro che al mio posto potrebbe fare un brasiliano (magari in cerca di un impiego). Per fortuna nessuno mi ha mai chiamata parassita, nonostante il cibo non mio che ho mangiato. Per fortuna le persone mi fanno sentire a casa e si rallegrano al sapere che sono italiana, dato che quasi tutti hanno un nonno o una nonna italiani, arrivati in Brasile da piccoli con la famiglia quando avevano le pezze al culo ed erano sporchi, poveri e analfabeti. Per fortuna che anche chi non ha nessun parente italiano, pensa che guardando il mondo attraverso i miei occhi si possa imparare qualcosa. Per fortuna che tutti capiscono la mia nostalgia, perché sanno anche quanto é difficile stare lontani dalla propria terra, anche se é una terra che non ti tratta bene. Lo hanno imparato dai nonni. E in molti la vorrebbero conoscere, la terra italiana delle proprie origini. E nonostante io dica sempre a tutti che l'Italia é bellissima, quando qualcuno mi dice che sta per farci un viaggio mi preoccupo sempre un po', perché probabilmente incontrerà qualche mio conterraneo che lo tratterà di merda.
E ai commentatori mi verrebbe da dire brutti stronzi, ma poi mi ricordo che i brasiliani mi dicono spesso che ognuno é come può, come riesce ad essere, perché le persone sono esseri molto complessi.

http://lanuovasardegna.gelocal.it/cagliari/cronaca/2013/09/02/news/cagliari-la-protesta-dei-profughi-bloccata-via-roma-1.7675005

quinta-feira, 11 de julho de 2013

Il sogno che ricordo. 07/2013

Sono nel Brasile del 1700, vicino a Recife. Ci sono tante isolette davanti alla costa ed io vado a nuoto  da una all'altra per conoscerle tutte. Sono molto piccole e il mare intorno sembra quasi nero.
Ad un certo punto penso che sia arrivata l'ora di raggiungere Recife e mi ritrovo alla guida di una macchina sportiva (nonostante sia ancora il 1700), tra ponti, sopraelevate e tornanti. Cambio le marce a fatica (dato che non ho la patente), e proprio mentre metto la prima rifletto sulla mia persona e mi rendo conto di chiamarmi Padre Françisco. Non so niente su di me, solo che sono un prete.

terça-feira, 9 de julho de 2013

non riesco a dormire

non riesco a dormire.

é una specie di ansia che non mi fa addormentare. me ne sto ogni notte ad ascoltare discorsi di Saviano, di Travaglio, della De Gregorio, servizi della Gabanelli, e a volte anche i programmi di Lucarelli, anche se lui é buffo. Uno dopo l'altro, finché non dormo. Mi interessano davvero. Di Saviano e della De Gregorio poi penso di aver già visto e ascoltato tutti i video in circolazione. Però credo di assistere in parte anche per la nostalgia, ammetto che non so se li guarderei con la stessa ossessione se adesso mi trovassi in Italia. É una "abitudine/necessità" che é cominciata qui e della quale non posso prevedere gli sviluppi. L' insonnia mi colpisce quasi sempre quando dormo da sola, come se mancasse a me una calma proveniente dall'esterno, un'energia estranea alla mia ma allo stesso tempo in intimità con essa.

non sono una persona ossessionata dal controllo delle cose che fanno parte della mia vita, non penso mai che qualcuno abbia dei doveri nei miei confronti o delle scadenze, non impongo niente a nessuno e vale anche per me. lascio che alcune cose importanti ma non fondamentali restino incerte perché in qualche modo riconosco che questa é la mia strada e per ora é così che la devo percorrere. non controllo niente e nessuno, solo la mia posta e, a volte e purtroppo, qualcosa di me a livello più superficiale, ma non é di quello che mi interessa scrivere qui. sono quindi abituata a sentirmi spesso in medias res, come se ogni volta fossi ad uno snodo fondamentale, senza conoscere il seguito, abituata a non riuscire a prevedere nulla di me nemmeno a distanza di un mese.
eppure, questa mancanza di "rigore" a volte si riflette sulle mie azioni rendendole disordinate, mi rende più fragile, più penetrabile dalla rabbia (che non trova mai una valvola di sfogo), mi distrae quando leggo un libro di narrativa (in questi casi leggo molto più facilmente saggi, giornalismo o fumetti), come se non ci fosse spazio in me per immedesimarmi anche in qualcos'altro. Cerco solo i riempirmi di informazioni sul mondo, sarà anche questo una sorta di tentativo di controllo? non so, mi sembra che il contatto con me diventi più difficile.
non riesco a camminare per strada se non ho musica nelle orecchie. o meglio, ci rinuncio. io, da sola con me, senza musica, non ho ancora capito se mi spaventi, se mi deluda o se, più tristemente, percepisca i miei pensieri come grigi. dico grigi perché alla mia forma di pensare e sentire si accompagna indissolubilmente una visualizzazione spontanea di colori. como ho già raccontato in un altro post, mi succede con i numeri ma anche con le parole (nomi di persona ecc...) e con la musica, come immagino capiti anche alla maggior parte delle persone.
non c'é niente di disperatamente difficile ed io mi tormento. io rendo ogni cosa più complessa di quanto non sia, tiro tutti gli elastici. tutto é gestibile fuori di me, sono io che a volte mi rendo ingestibile da me.


segunda-feira, 1 de julho de 2013

terça-feira, 7 de maio de 2013

A lista incompleta dos meus medos (tradução)

Não quero ir a dormir porque estou com medo do dia de amanhã e não sei o por quê. Temo que, se eu fosse dormir agora, perderia a noite toda e acordaria tendo já que ir trabalhar e não quero que o tempo se passe tão rápido assim, como quando a gente dorme. 

Estou aqui na frente da pagina branca faz um tempinho, e todo o que surge para escrever me parece entediante.

Então, na esperança que isso se revele benéfico para mim, vou  escrever uma lista. A lista incompleta dos meus medos.

Vamos:

antes de todo, tenho medo de ter muito medo de alguma coisa. porque eu sei qual é o efeito que isso tem sobre mim e o quanto que isso me paralisa. quando tenho muito medo eu vejo tudo deformado, como se eu tivesse alucinações sobre os significados das coisas.

tenho medo de não ser capaz de utilizar a criatividade para viver, de saber só sonhar com ela e nada mas.

tenho medo de não aprender tudo aquilo que eu poderia aprender da minhas experiências, sobretudo das viagens.

tenho medo de realizar que, por ter feito as experiências que eu fiz, eu deveria ser uma pessoa mais inteligente do que sou.

tenho medo de não superar nunca o nível "bom" naquilo que eu faço, e ao longo do tempo, baixar esse nível para "mediocre"(palavra que não sei bem traduzir desde o italiano).

tenho medo de não saber aproveitar das oportunidades. daquelas que quando chegam você tem que agarra-las logo.

tenho medo de não chegar a acabar as coisas que eu gosto e que começo a fazer com entusiasmo, só porque me parecem travessias longas e difíceis demais.

tenho medo de chegar a não sentir nada pelas coisas que estão ao redor de mim.

tenho medo de me adaptar, e parar de correr atrás dos meus ideais. 

tenho medo da minha ausência, medo de ser uma pessoa ausente para quem esta perto de mim e para quem é amigo. 

tenho medo de ser uma pessoa que não absorve nada, polida, que cria uma distancia entre ele mesma e os outros, uma pessoa que nunca esta, que se fala "conte comigo", os outros não acreditam.

tenho medo de decepcionar qualquer pessoa que se espere algo de mim, de não fazer bastante.

tenho medo de não conseguir me rebelar e levantar a minha voz quando alguém pisa nos meus direitos. 

tenho medo do meu malestar, pois temo que isso possa criar uma energia negativa que, a partir de mim, se expanda também para os outros.

tenho medo de nunca conseguir me impor.

tenho medo das brigas e de brigar pois não sei gerenciar isso e sempre me machuca bastante.

tenho medo de não ter a coragem de brigar para algo importante, porque isso também faz eu ficar muito mal.

tenho medo que seja verdade, que me falta caracter.

tenho medo de subir demais o tempo e o caso.

tenho medo de escolher os caminhos mais fáceis e de não reparar nisso.

tenho medo de enloquecer, ma só as vezes. 

tenho medo de virar uma pessoa indiferente.

tenho medo da minha desinformação.

tenho medo da sua desinformação. 

tenho medo de falar que estou triste ou machucada para pessoas importantes para mim, porque tenho medo que isso faca com que elas se afastem. 

tenho medo de nunca eu gostar de mim, em todos os sentidos, e que isso me deixe obsessiva e escrava para sempre.

tenho medo de não chegar a fazer nada de verdadeiramente importante para alguém que não seja eu.

tenho medo de não saber fazer escolhas corajosas ou, de toda forma, de não saber fazer algo verdadeiramente corajoso.

tenho medo das manhãs nas quais quando acordo não tenho vontade de me levantar, pois sei que isso significa que algo não está me deixando contente, enquanto eu sempre queria me sentir cheia de entusiasmo.

tenho medo de não partecipar bastante, ou quanto eu queria. 

tenho medo da minha forma de falar um pouco lenta e desarticulada que, varias vezes, não me permite conseguir explicar alguma coisa para alguém, sem fazer o meu interlocutor se perder na minha confusão (O QUE NÃO DEPENDE DO IDIOMA!).

tenho medo de não conseguir cuidar das pessoas e, de uma forma ou de outra, faze-las sentir abandonadas, levando elas, dessa forma e talvez, a me abandonar.

e acredito ter outros medos ainda, mas por enquanto paro aqui


segunda-feira, 15 de abril de 2013

Lista incompleta delle mie paure

(sono le due meno venti del mattino. non voglio andare a dormire perché ho paura della giornata di domani e non so perché, per cui temo che se andassi a dormire ora, perderei tutta questa notte e mi sveglierei dovendo già andare a lavorare e non voglio che il tempo passi così in fretta come quando si dorme.

sono davanti a questa pagina da un po' e tutto quello che viene da scrivere mi sembra noioso.

ho deciso allora di cercare di pensare a qualcosa di utile, utile nel senso che il fatto che io scriva questa cosa magari potrebbe rivelarsi benefico per me, come una sorta di esorcismo.
magari.
una lista)

la lista incompleta delle mie paure.

ho paura di avere molta paura di qualcosa. perché so qual'é l' effetto che questo ha su di me e come per me sia paralizzante. quando ho molta paura vedo tutto deformato come se avessi delle allucinazioni sui significati delle cose.

ho paura di non essere capace di usare la creatività per vivere, di saperci sognare e basta.

ho paura di non imparare tutto quello che potrei dalle mie esperienze, soprattutto dai viaggi.

ho paura di accorgermi che, proprio per il tipo di esperienze che ho fatto, dovrei essere più in gamba.

ho paura di non superare mai il livello di "buono", in quello che faccio e, alla lunga, abbassarlo alla mediocrità.

ho paura di non saper cogliere le occasioni.

ho paura di non portare a termine le cose che mi piacciono e che comincio con entusiasmo, solo perché mi sembrano traversate troppo lunghe e difficili.

ho paura di arrivare a non provare niente, di non sentire niente, per le cose che mi circondano.

ho paura di adattarmi e smettere di inseguire quelli che considero i miei ideali.

ho paura della mia assenza, di essere una persona assente con chi mi é vicino e amico. 

ho paura di essere una persona "scivolosa", che crea una distanza tra se e gli altri, una persona che non c'é mai e su cui non si può contare.

ho paura di deludere chiunque si aspetti qualcosa da me, di non fare abbastanza.

ho paura di non riuscire a ribellarmi quando qualcuno calpesta i miei diritti. 

ho paura del mio essere di malumore, perché temo che questo possa creare una energia negativa a partire da me che si estenda anche agli altri.

ho paura di non sapermi mai imporre.

ho paura di litigare perché non so gestire i litigi e mi fanno sempre sentire molto male. 

ho paura di non saper arrivare a litigare per qualcosa, perché anche questo mi fa male.

ho paura che sia vero, che io non abbia carattere.

ho paura di subire troppo il tempo e il caso.

ho paura di scegliere le strade più facili e non rendermene conto.

ho paura di impazzire, ma solo a volte.

ho paura di diventare indifferente.

ho paura della mia disinformazione.

ho paura della tua disinformazione.

ho paura di dire che sono triste o che mi sento male alle persone per me importanti, perché temo di farle allontanare. 

ho paura di non piacermi mai in tutti i sensi e che questo mi renda schiava e ossessiva sempre.

ho paura di non arrivare a fare niente di veramente importante per qualcuno che non sia io.

ho paura di non saper fare scelte coraggiose o, comunque, qualcosa di davvero coraggioso.

ho paura delle mattine in cui mi sveglio e non mi va di alzarmi perché so che significa che sono scontenta di qualcosa, mentre vorrei sentirmi sempre entusiasta.

ho paura di non partecipare abbastanza. 

ho paura del mio parlare un po' disarticolato, che spesso non mi permette di riuscire a spiegare qualcosa a qualcuno senza farlo perdere nella mia confusione.

ho paura di non sapermi prendere cura delle persone e, in qualche modo, di farle sentire abbandonate, facendo si che siano loro, forse, ad abbandonare me.

e devo averne tante altre, di paure, ma per ora mi fermo qui.




io allo stato grezzo


questa é la copia di una e-mail che ho mandato ad una persona che scrive mille volte meglio di me quando si tratta di testi (sicuramente scrive tutto meglio di me). le ho chiesto di aiutarmi a scrivere il testo di una canzone a cui sto lavorando e quello che segue é il contenuto che gli ho mandato, chiedendomi e chiedendogli (perché é una persona ma é "lui"), cosa lui ne farebbe.


e-mail:
ti mando i pensieri che vorrei si trasformassero in testo. sono buttati lì uno dopo l' altro. ma la cronologia in fondo ha un microsenso. forse li troverai melensi e penserai che lasciano molto a desiderare ma sono veri, almeno adesso, in questo momento, é quello che io credo.
la grammatica é tutta incasinata non aspettarti Roland Barthes :) mi giustifico dicendo che la grammatica é lo specchio della mia inquietudine o della mancanza di equilibro :)

la prima volta che ho capito che non riuscivo a comunicare e che non ci sarei mai riuscita, mi ero sentita così sola e male, che avevo pensato di non voler più parlare. Avevo pensato che forse io nella mia vita non ero una ballerina, che forse ero solo lì per guardare
avevo pensato di rifugiarmi in tutto quello che avrei potuto vedere del mondo, che almeno avrei fatto gli occhi felici e il resto di me si sarebbe accontentato di galleggiare da solo.
però poi, mentre seguivo la mia decisione, ho iniziato a capire che tutto quello che guardavo non parlava ai miei occhi, ogni cosa era un linguaggio che si piantava come una freccia nel petto ed io vedevo il mondo, e lui parlava anche di me. ma non era il paesaggio di terra, erano tutti quelli che non erano me. erano le persone con cui mi incontravo, con cui ridevo o non parlavo, che mi piacevano e non mi piacevano, che mi incuriosivano e spaventavano. 
Erano il viaggio dentro il viaggio.
Ogni persona mi da un pezzo di infinito ed é lì che ci sono anche io, ed é lì che io divento un bene e divento un male. Ed é tra me e lei che io esisto. Ed é tra me e lei che non sono mai uguale. 
Ma ogni incontro ha un peso talmente grande che non so per quanto tempo potrò caricare quei pezzi di infinito che mi fanno essere fino a morire. Non possono restare tra le mie braccia. Li devo passare ad altre braccia o ad altro. Mi devono solo attraversare. Perché se si fermano in me, alla fine perderanno il senso. Devono, dopo di me, arrivare a qualcun altro. Essere destinati a qualcun' altro. 
Devo essere condivisi.
le cose non si possono fermare a me ma devono passarmi attraverso e poi arrivare a qualcuno o diventare qualcosa, io non sono il punto di arrivo, sono un ponte forse non posso che essere questo, o un porto da dove si parte forse non posso che essere questo, un corridoio o una porta forse non posso che essere questo e il punto d'arrivo spero sia qualcun' altro o qualcos'altro. Qualcosa che sia utile più di me, che serva più di me, perché solo come tramite, io mi sento un qualcuno.
precisazione che gli ho fatto su skype:
l' ultima parte significa che io non esisto se non posso condividere. se le cose restano dentro di me e, attraverso me, non arrivano a qualcun altro, si spengono, si cancellano, diventano cenere.

quinta-feira, 21 de março de 2013

cronaca di un giovedì in un ospedale pubblico a Brasilia

Giovedì scorso mi sono sentita un po' male, niente di grave (lo dico subito si trattava di un' infezione gastro-intestinale contratta a causa del clima secco e della mia scarsa ingestione di acqua) ma, lì per lì, mi sono preoccupata e ho pensato "adesso mi faccio visitare". Non sono stata malissimo ne niente del genere, mi faceva un po' male la schiena, tutto qui. Semplicemente ho pensato che sarebbe stato meglio fare una visita, quindi non spaventatevi :).
La sanità pubblica funziona con lentezza e chiunque possa permetterselo utilizza i servizi privati, pagando, caro o meno, un' assicurazione medica. Io però, non trovandomi in una situazione perfettamente quadrata rispetto a certi aspetti della burocrazia brasiliana (mettiamola così), non posso avere un' assicurazione ed eccomi quindi, giovedì 14 marzo, all' equivalente del nostro pronto soccorso di un ospedale pubblico.
Mentre scendo dalla macchina il tassista mi saluta con un "buona fortuna".
Sono le cinque del pomeriggio.
Ci saranno almeno 50 persone e su più di una parete, dei fogli appesi con scritto "ai sensi della legge bla bla é proibito insultare il personale che lavora".
Io do il mio nome alla reception, mostro il documento e dieci minuti dopo mi chiamano in una piccola sala dove ci sono un' infermiera e una macchina per prendere la pressione.
Entrano con me altre dieci persone. È la prima chiamata: misurano la pressione e fanno domande sul problema e sui sintomi per capire la gravità della situazione e decidere se mandare il paziente in sala d'aspetto o direttamente in un corridoio interno ad aspettare il medico, che pare essere un alter ego di Godot.
Delle dieci persone che rispondono alla prima chiamata insieme a me, cinque piangono disperate: una è incinta e si tiene la pancia, un' altra si lamenta tenendosi la testa e una terza vomita dentro la pattumiera. Queste tre vengono mandate ad aspettare "Godot" mentre gli altri, me inclusa, vengono rimandati in sala d'aspetto.
Io vado a bare un'acqua di cocco, compro dei biscotti e mi siedo tra gli altri. Sono in buona compagnia, ho portato con me il fumetto "Persepolis", che é ancora più bello del film.

Tic tac.
Sono le sette di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. All' improvviso una ragazza che si trova in piedi vicino alla reception cade a terra, probabilmente svenuta. Qualcuno inizia a gridare aiuto ma nessun infermiere risponde alle chiamate e il poliziotto che sorveglia le entrate delle "salette" resta immobile. Le urla si fanno più numerose e più forti e arrivano anche gli insulti, mentre qualcuno grida "Vergogna! Filmate!" e qualcun'altro filma con il cellulare. Anche le due persone sedute alla reception rimangono ferme dietro il loro vetro, non fanno una piega, nemmeno quando una donna comincia a prendere il vetro a colpi fortissimi con la sua borsa.
Dopo qualche altro minuto qualcuno esce da una saletta con una sedia, dove viene adagiata la ragazza, che non ha ancora ripreso i sensi e che viene fatta entrare nel corridoio di Godot.
Piano piano tutti si calmano e si siedono. Io torno al fumetto.

Tic tac.
Sono le nove di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. Un signore appena arrivato si rivolge a noi tutti in questo modo - "Buonasera signori! Abbiamo qui fuori una zuppa per tutti appena fatta calda calda! Una delizia! È per tutti, una zuppa gustosa e calda. È qui fuori nel parcheggio, sul tavolo accanto alla macchina!" -
E ancora, in risposta a qualcuno - "Non costa niente, solo un grazie a dio (o qualcosa del genere), é un regalo!" - e, finito di parlare, comincia a distribuire volantini con pezzi di bibbia stampati o preghiere o non so, non me ne intendo.
Andiamo tutti a prendere la nostra porzione di zuppa, che è anche buona.
Quando tutti abbiamo mangiato il signore torna e dice - "Era buona la zuppa? Se vi è piaciuta dite AMEN! - e tutti in coro: "AMEN!". Io non l' ho detto, ma solo perché sono lenta di riflessi e se fosse stato per  me avrei risposto "come?" e una volta riascoltata la frase avrei detto "ah, amen."
Il signore, poi, chiede alla gente di uscire un attimo fuori a fare una preghiera con lui. Buona parte delle persone vanno, io resto seduta ad aspettare perché Godot potrebbe farmi chiamare da un momento all'altro.

Tic tac.
Sono le dieci di sera.
Io continuo a leggere Persepolis in sala d'aspetto. Degli amici scoprono dove sono e mi raggiungono, si fanno le dieci e mezza.
Un mio coinquilino mi propone di andare all' ospedale privato con cui l' assicurazione di una mia coinquilina ha la convenzione, e tentare di essere visitata entrando con il nome e il documento della coinquilina in questione. Dopo un po' di resistenza (e se mi scoprono?), accetto.
Alla prima chiamata la ragazza che vive nella mia stessa casa é al mio fianco. (bene, qui userò un nome falso per lei).
INFERMIERA - Nome prego?
IO - Clara...
COINQUILINA AL MIO LATO - Nooo, devi dare il nome completo... Maria Clara Gomez Dartmans...
INFERMIERA - Etá?
IO - ...(!)
COINQUILINA AL MIO LATO - Venticinque

E così via.
Dopo dieci minuti sono stata ricevuta dal medico e il resto è stato semplice.


quarta-feira, 6 de março de 2013

Inquietudine
di sempre
non farmi perdere
tempo
trasformati
in qualcosa
di creativo

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quarta-feira, 20 de fevereiro de 2013

Os passos tornam a ser silenciosos no ouvido de quem se distrai.
Não importa o que fazemos, onde estamos e como estamos. Estamos todos distraídos.
Parabéns para nós.

quinta-feira, 14 de fevereiro de 2013

sexta-feira, 18 de janeiro de 2013

IL SOGNO CHE RICORDO 17/01/2013


É notte. Non riesco ad identificare il posto e nemmeno so perché ho qualcosa a che fare con Sherlock Holmes ma, in una forma che non ricordo, la sua figura mi accompagna durante tutto il tempo.
Mi trovo in una casa con due ragazzi. Siamo tutti più o meno soci e lavoriamo con il commercio clandestino di dolci. La casa dove stiamo é infatti stracolma di pacchi di caramelle, torte e cose così.
Sherlock Holmes intanto é sempre nell'aria.
Bussa alla porta una ragazza di bell'aspetto e viene fatta entrare da uno dei due ragazzi.
Lei fa un sacco di complimenti alla nostra "attività", fa la simpatica e corteggia sottilmente chi le ha aperto la porta.
Non mi piace, non mi convince ma non lo do a vedere.
Passa del tempo e arriva una terza persona: un uomo che conosce la ragazza.
Parlano, discutono animatamente.
Sherlock Holmes intanto é sempre nell'aria.
Passa altro tempo, arriva una retata della polizia composta da un solo poliziotto vestito come in un film americano. Capiamo che la ragazza ci ha denunciati.
Comincia il caos: il poliziotto si mette anche lui a litigare con la ragazza e con il terzo uomo, che scopriamo essere arrabbiato proprio a causa della denuncia fatta da lei. Sembra quasi che per vendetta la stia per uccidere e il ruolo del poliziotto, in effetti, ci sembra un po' ambiguo.
Noi tre soci intanto ci diamo da fare a modo nostro: uno scappa, l'altro comincia a nascondere alcuni dolci (ma sono davvero troppi, non ce la faremo mai), mentre io corro verso le torte e, con avidità, ne afferro enormi pezzi con le mani e me li metto tutti in bocca. E li mangio mentre penso che tanto ce li sequestreranno comunque, quindi tanto vale ingozzarsi un po' adesso. (Lo giuro, io facevo questo!)
Sherlock Holmes intanto é sempre nell'aria.

quinta-feira, 10 de janeiro de 2013

IL SOGNO CHE RICORDO 10/01/2013


Sona a casa con mamma. Non é la casa di Via dei Carbonari né quella di Carloforte. É una casa, é la nostra, eppure é la prima volta che la vedo anche se so che la conosco già tutta.
Mamma guarda la tv ed io sono seduta ad un tavolo dove ci sono dei libri. All' improvviso un libro si solleva in aria da solo e fa il tragitto, in volo, dal tavolo fino al tavolino al lato del divano, che sta  proprio dietro di me. Mi passa così vicino (il libro volante), che quasi mi sfiora il viso. Io rimango zitta, intontita. Penso di essermelo sognato. E non dico niente.

Passano 24 ore.

Giorno successivo, stessa situazione: sono seduta al tavolo e mamma guarda la tv. Un libro comincia a levitare proprio davanti a me, ma torna subito al suo posto.
Io parlo, con calma: "mamma? Mi sa che sta succedendo qualcosa di paranormale".
E aggiungo indicando il tavolino: "i libri si stanno sollevando da soli...".
Guardiamo entrambe quello che sto indicando ed é chiaro che lei pensa che io stia scherzando. Proprio in quel momento uno dei libri a cui é rivolto il nostro sguardo si solleva piano, poi con velocità vola fino a me e mi cade addosso.

Ci alziamo entrambe in piedi incredule.

Vicino alla cucina c'é un libro grande quanto una persona, tutto bianco e grosso. É davvero di carta, ma pesa quanto una gommapiuma di quelle dimensioni.
Anch'esso si solleva e arriva sulla mia testa. Cade sopra di me ed io urlo.
E poi noi in coro: "é un fantasma!!"

Vediamo un'ombra nera senza forma muoversi sul muro. Le andiamo addosso e ovviamente ci sfugge (dato che é un'ombra). Non sappiamo cosa fare e continuiamo a inseguirla mentre si muove veloce per i muri di tutta la casa a suon di passi che scendono e salgono per scale.

Ad un certo punto e non ricordo bene come, troviamo da qualche parte una preziosa informazione: si tratta di un tipo di fantasma che solo determinate equazioni matematiche possono far sparire, però bisogna anche scoprirlo da soli, quale sia l'equazione.

Io penso che allora siamo anche un po'a cavallo, dato che mamma é un'insegnante di matematica. Propongo però di chiamare anche papà, appassionato di matematica ma esperto più di storia della stessa che di calcoli. Ma anche la storia potrebbe esserci molto utile, non si sa mai.

Prendo il telefono per chiamarlo e raccontargli del problema e dell'enigma, quando senza un valido motivo e purtroppo, mi sveglio.


segunda-feira, 7 de janeiro de 2013

ho perso

Ieri ho perso una partita a scacchi per colpa di una mossa sbagliata che mi ha fatto capire al volo, appena fatta, di aver chiuso la partita a favore dell'altro giocatore (una partita che tra l'altro stava andando avanti da circa due ore).
che rabbia, lo devo dire.
Preciso che ero già in svantaggio perché, mentre il mio avversario era rimasto con il re, 4 pedine e una torre ancora in gioco, io mi trovavo con il re, tre pedine e un alfiere. Questo perché quando ho dovuto scegliere chi sacrificare tra il cavallo e l'alfiere, ho sbagliato clamorosamente facendo cadere il primo invece che il secondo.
Con molta fatica avrei potuto ancora aspirare a ribaltare le sorti del gioco, quando ho fatto una palese idiozia e ho sacrificato anche l'alfiere per una giusta causa, senza accorgermi che non avrei avuto nemmeno il tempo di attingerla, quella causa.

Da quel momento, il declino é stato rapido e inevitabile.

AAAh che rabbia perdere a scacchi!

quinta-feira, 3 de janeiro de 2013

Il broncio alla rinfusa



quando torno a casa, vedere il letto disfatto non mi fa sentire troppo bene. devo imparare a rifarlo sempre prima di uscire.

penso che mi metterò a guardare Louie perché mi sento cupa, e quando lui si sente cupo io mi sento un po' più in pace.

mi manca Runa Fibonacci (il lupone)

oggi mi manca anche Mister Quinibri (il mio defunto motorino)

domani probabilmente lavorerò di nuovo con quel regista con cui non c'é un gran... non so, per cui ho tempo fino alle 10 del mattino per illuminarmi e far sembrare le cose più belle.

mi mancano i panorami

é così insulso e brutto il quartiere dove lavoro, davvero. si chiama SAAN Sector de Abastecimento e Armazenagem Norte. non può che essere brutto un posto che si chiama così. é proprio, é proprio il quartiere più brutto che abbia mia visto.

e smettila di fare i conti nel tuo piatto (ma piantala proprio)

mi manca leggere un libro bello

forse avrei voglia di fare un allenamento di qualcosa, ma solo con qualcuno che mi dicesse tutto il tempo cosa fare

la mia faccia é proprio brutta quando é imbronciata

ho capito, devo bere un bicchiere di vino e ascoltare un po' Parov Stelar che mi fa venire voglia di ballare, compri?

e anche questo post é brutto, come la mia faccia in questo momento, ma lo pubblicherò ugualmente

2013 (PT)

Chegou. Achava que o 2012 não fosse terminar nunca, achava que você teria sido só a continuação dele mas não. De verdade, você é um ano novo. Talvez me pegou de surpresa, assim.
E me coloca logo em provas. Me olha direto, sem abrigos.

Antes de chegar você me agarrou por um braço e fez o jogo cair. E agora, será que eu vou lembrar?

Mas, se tem que me ensinar a vivir, tudo bem. Seja bem-vindo.
Eu vou ser humilde, mas as minhas ambições não vou perde-las.





... algumas horas depois, quer dizer agora: ... olha so, que dramática...

2013 (ITA)


Sei arrivato. Pensavo che il 2012 non sarebbe più finito, pensavo che saresti stato solo la sua continuazione e invece no. Sei davvero un anno nuovo, ed io forse non me lo aspettavo.
E mi metti subito alla prova. Mi guardi dritto negli occhi, senza ripari.

Prima di arrivare mi hai afferrato un braccio e hai fatto cadere il gioco. E adesso, non so se mi ricordo. 

Però, se devi insegnarmi a vivere, va bene. Benvenuto. 
Sarò umile ma le mie ambizioni non andranno nel cassetto.




... qualche ora dopo, cioè adesso: però, che drammatica...