Ho deciso di fare
un esercizio. Ho pensato di riportare, così come prendono forma nella mia
memoria, alcuni brevissimi ricordi che potrei paragonare a lampi di luce nel
buio. Comincerò a scriverne alcuni e piano piano ne aggiungerò altri.
1) Carloforte e
ho intorno agli otto anni. Alle Colonne ci sono i cavalloni. Mamma e papà sono
ancora in acqua e mentre mamma viene verso riva, un’onda la travolge. Quando con la testa emerge dall’acqua grida una di queste due parole: “Roberto”, oppure “aiuto”. Si
è fatta male a un piede e non riesce a camminare.
2) Cagliari ed io
ho 2 o 3 anni. Ricordo che ho fame. Il seggiolone è giallo e io sto morendo di
fame. Mamma mi fa mangiare, credo sia la minestrina. Ho il
bavaglino. La cosa che mangio è infinitamente buona.
3) Carloforte, ho
tra i sei e i sette anni. Spiaggia “Guidi”, ancora cavalloni. Siamo in acqua e
mamma e papà mi tengono per mano. Ho la maschera da sub, mi sto divertendo
molto. Arriva un’onda più alta delle altre ed io urlo “oh questa è
grandissima!”, proprio prima che ci si infranga addosso. Sento la mano di papà
che perde la presa e la forza del mare che mi trascina via per qualche metro.
Quando riemergo in superficie, non ho più la maschera. Non la ritroverò.
4) Sulla strada
per la Norvegia, o forse già in Norvegia. Ho 11 anni. Ci fermiamo un momento e
scendiamo dal camper. Ho un maglione verde di lana, i capelli a caschetto e le
All Stars nere. Pesto della cacca.
5) Ancora in
camper e non ricordo dove, ancora 11 o 12 anni. Ricordo una gara di corsa tra i
miei cugini Marco, Michele, papà e forse anche me. Vince Michele ma papà credo
superi Marco. Non mi aspettavo corresse veloce. Papà dice che il nonno lo aveva battuto ad una gara di corsa.
6) Cagliari, devo
avere intorno ai 15 anni. Papà sta cucinando e osserva il sugo nella pentola
girandolo con cura. Io sono appena arrivata e gli dico ciao papi. Con me c’è,
se non sbaglio, Marta Paludo. Papà si gira verso di noi e dice ciao. Ha gli
occhiali completamente appannati e Marta scoppia a ridere. Con le lenti tutte affumicate
sembra un personaggio dei cartoni animati, di quelli che hanno un diavolo per
capello.
7) Carloforte e
non ricordo la mia età ma faccio ancora le elementari. Siamo a cena a casa di
zio Gabriele e zia Carla e c’è anche zia Mara e c’è anche altra gente. Dopo
mangiato qualcuno si mette a ballare. Zia Mara chiude le danze con una
giravolta mentre si apre la camicetta e ci mostra il reggiseno. (Finisce la
giravolta e richiude la camicetta).
8) Cagliari ed è
Natale, ho dieci anni. Davanti all’albero c’è un plaid rosso a quadri. Mi
piace stenderlo per terra e fingere che sia il mio pianeta-casa. Tutt’intorno,
ogni cosa è un altro pianeta-casa che posso visitare: il divano, le poltrone,
le sedie, il tavolino… Io posso andare ovunque, tranne che sul pavimento.
9) Cagliari, sono
al supermarket con il nonno e devo avere 4 o 5 anni. Vomito per terra. Il nonno
si agita e così scappiamo via.
10) Carloforte,
sono piccola. Un amico di mamma mi dice ciao biondina.
11) Ho cinque o
sei anni e uso un triciclo rosa con i pedali, il sellino e i manici bianchi. Vado avanti e indietro per tutta la
casa più veloce che posso e dico a voce alta “cinque all’ora, dieci all’ora
venti all’ora!”
12) Cagliari, ho
tre o quattro anni. Mamma, o forse è stato papà, ha comprato dei granchi per
fare la pasta. Appena entra in cucina la
busta di carta si rompe e i granchi, ancora vivi, scappano e invadono tutto il pavimento.
13) Carloforte,
cinque anni. Dobbiamo uscire in barca. Dico “mamma mi metto il costume da
principe?” É un costume da bagno intero rosa con un unico fronzolo colorato
intorno alla vita. Lo chiamo sempre così.
14) Ancora
Carloforte e cinque anni. Prendo in mano uno scarafaggio nero, senza peli e innocuo che chiamiamo baballotto. È un baballotto grande. Forse lo uccido o
forse no. Dopo pochi secondi mi metto le mani in bocca e sento un bruciore
fortissimo. (Penso fosse DDT).
15) Ho sei anni e
siamo a Maddaloni a casa di parenti e siamo seduti. Arriva una telefonata, poi
qualcuno dice “è morta zia Anita”. Zia Donata si alza in piedi facendo strisciare la sedia per terra. Mamma dice
“Donata”. Poco tempo dopo Maurizio ci apre la porta e dice “mamma non c’è più”.
16) Tornando a
Cagliari da Carloforte, ho dodici anni. Guardo e riguardo le macchine dal vetro
di dietro, hanno tutte una loro faccia. La Tipo ha una faccia da grande, buona
e un po’ triste. La 127 ha la faccia di una in gamba, una che ha un sacco di
amici.
17) Ho quattro
anni o giù di lì e questo forse è un falso ricordo, nel senso che non riesco a
capire se sia un fatto accaduto per davvero o se una storia inventata (da mio
cugino Francesco), si sia piano piano radicata nella mia mente come un ricordo
(falso). Sono a Carloforte e gioco con il triciclo in terrazza. Mio cugino mi
fa vedere come sia capace, con il mio triciclo, di scendere uno scalino con la
ruota di davanti e poi ritornare su (con la ruota). Fin qui sono certa della
veridicità del ricordo. La nebbia inizia quando: provo a imitare la manovra di
mio cugino sul triciclo ma non ho il coraggio. Sto ferma un sacco di tempo
davanti allo scalino. Alla fine ci provo. Blackout. Sono ai piedi delle scale e
sto piangendo. Mia madre mi soccorre. Qualche anno dopo, mio cugino Francesco
mi ricorderà questo episodio dicendomi “sei caduta prima tu e poi i tuoi
occhiali”. Io, però, non ho mai portato
gli occhiali.
(Il mare ha una
superficie dalla consistenza di tempere e acquerelli. Non è mai piatto ma è
sempre mosso da onde piccole o grandi. Così, accompagnando il movimento della
sua superficie, le infinite macchie di colore si allungano e allargano, si
rimpiccioliscono, si stirano, si addensano, impallidiscono e volte affondano.
Altre volte emergono all’improvviso e i toni assumono nuove sfumature. In certi
momenti le macchie sono impercettibili e il colore è quasi solo una sensazione,
non riesco nemmeno a descriverlo.
Ecco, questi sono
i miei ricordi.)
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